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REGALARE LA CITTADINANZA NON È UNA SOLUZIONE

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L’invito a molti politici è quello di leggere e studiare i dati europei. Scopriranno che la legislazione non è un ostacolo per concedere le cittadinanze.

Ci risiamo, la politica torna a proporre e discutere di come semplificare l’ottenimento della cittadinanza italiana per gli stranieri. Una questione che riemerge ciclicamente all’attenzione del dibattito politico, il più delle volte come pretesto per innescare tensioni politiche dentro e fuori le coalizioni.

Torno dunque a parlarne anche su queste pagine, dove più volte ho avuto modo di mettere a fuoco un tema su cui facilmente molti perdono il senso della realtà.

Credo che siano tre i punti nevralgici su cui porre l’attenzione. Il primo è intendersi sulla natura della cittadinanza, ovvero se vada intesa come un riconoscimento di avvenuta integrazione oppure uno strumento per facilitarla. Il secondo punto è fotografare la dimensione del fenomeno in Italia. I numeri e i trend di concessione di cittadinanze, per confutare la tesi sulla presunta carenza legislativa. Il terzo e ultimo aspetto sarebbe quello di interrogarsi se la cittadinanza sia davvero un’esigenza per gli stranieri. Qualcuno si è mai posto il dubbio se sia davvero così diffuso il desiderio di diventare italiani? Procediamo con ordine.

LA CITTADINANZA È UN VINCOLO, NON PUÒ ESSERE UN REGALO

Cosa significa cittadinanza? La definizione più comune la descrive come un “vincolo di appartenenza di un individuo a uno Stato”. Si parla di vincolo, ovvero di un legame che assume carattere impegnativo o addirittura obbligatorio, tra un singolo individuo e lo Stato di appartenenza. Basterebbe questo per comprendere come siamo di fronte a un rapporto di lungo periodo, che genera diritti e doveri, saldando un legame forte, appunto un vincolo che non può essere sciolto facilmente.

La natura e l’idea stessa di cittadinanza sono quindi intese come il vincolo che ti lega a una comunità di persone, anzi di cittadini che condividono lo stesso legame. Ciò significa che l’individuo che decidesse di assumere questo “vincolo” lo dovrà fare necessariamente a seguito di un percorso che abbia reso solide in lui le motivazioni che lo porteranno per lungo tempo, probabilmente fino alla morte, a mantenere questo legame.

LA CITTADINANZA È IL CORONAMENTO DEL PERCORSO DI INTEGRAZIONE

Da tutto questo si deduce che la cittadinanza, riferita ai cittadini stranieri, non può che essere intesa come il coronamento di questo percorso, che potremmo anche identificare come un processo di integrazione, che culminerà nell’ottenimento della cittadinanza, ovvero la certificazione di essere pronti a stringere quel vincolo, saldare quel legame duraturo.

Sbaglia quindi chi, per motivi politici, ideologici o di opportunismo, vorrebbe trasformare la cittadinanza in uno strumento utile a far partire quel processo di integrazione, ovvero prima che il soggetto sia nelle condizioni di assumere quel vincolo e quel legame, contraddicendo il significato stesso della cittadinanza. L’integrazione è un processo difficile, faticoso, talvolta quasi impossibile, cercare scorciatoie non è la soluzione.

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L’ITALIA HA IL PIÙ ALTO TASSO DI CRESCITA NELLE CITTADINANZE

Il secondo aspetto che rende assurda questa discussione è l’analisi dei numeri e dei dati del fenomeno riferiti all’Italia. Prendendo i dati ufficiali di Eurostat, scopriamo uno scenario quasi sbalorditivo. Nel 2022 (ultimo anno in cui sono disponibili i dati aggiornati) l’Italia ha concesso ben oltre duecentomila nuove cittadinanze, ponendosi di gran lunga come il primo paese europeo nella concessione di cittadinanza a stranieri.

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Il trend degli ultimi 12 anni fotografa un aumento esponenziale, con un numero di cittadinanze concesse all’anno che è più che quadruplicato dal 2011 a oggi. Una crescita enorme, avvenuta senza nessuna modifica legislativa. Altro dato interessante è quello della Spagna, secondo paese per numero di concessioni di cittadinanze (era il primo nel 2021), che vanta una legislazione tra le più restrittive nel panorama europeo. In Spagna è infatti vietata la doppia cittadinanza (salvo alcune eccezioni per stati confinanti o culturalmente affini), elemento che rappresenterebbe uno degli ostacoli più forti rispetto all’ottenimento della cittadinanza, essendo obbligati alla rinuncia della propria cittadinanza di origine. Eppure, a dispetto della legislazione stringente, la Spagna è ai vertici della classifica europea in tema di concessioni di cittadinanze

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CITTADINANZA: L’ITALIA HA IL TASSO DI CRESCITA CUMULATO PIÙ ALTO IN EUROPA

L’Italia non è solo in cima alla classifica del 2022, ma andando a calcolare il tasso di crescita cumulato nel periodo 2011-2022, il risultato è sbalorditivo: l’Italia segna una crescita del 32,09%, rispetto al totale degli Stati UE del 25%, staccando di molto anche Germania e Francia che crescono meno del 25%. Proprio la Francia e, soprattutto, la Germania, sono i due Stati che hanno negli ultimi anni modificato la legislazione, come chiederebbe una parte della politica italiana. Quale lettura dare dunque a questi dati? Sicuramente ciò testimonia che gli elementi che influenzano il processo di richiesta e ottenimento della cittadinanza sono molti e diversi, e che la legislazione più o meno morbida incide in maniera relativa. Perché forse la scelta di condividere quel “vincolo” rimane una scelta che richiede comunque un tempo e un percorso che rimane lungo, a prescindere dai desiderata di chi vorrebbe “regalarla”.

GLI STRANIERI VOGLIONO DIRITTI E MENO BUROCRAZIA, NON ESSERE ITALIANI

E arriviamo all’ultimo punto cardine della questione: siamo sicuri che gli stranieri vogliano diventare tutti italiani? Il dibattito politico pare assumere questo dato come scontato, quasi automatico. Nessuno si pone il dubbio che uno straniero, seppur residente in Italia, non sogni necessariamente di diventare italiano. Probabilmente molti sono portati a considerare una certa “superiorità” della cittadinanza italiana rispetto a quella di ogni altra nazione del mondo, frutto magari di patriottismo o molto più semplicemente di grettezza culturale. Esistono pochi elementi e ricerche per determinare quanto sia grande e sentito questo desiderio tra gli stranieri. Un piccolo aiuto possiamo trovarlo in una ricerca, seppur datata, pubblicata su Neodemos qualche anno fa. Elisa Barbiano di Belgiojoso e Livia Ortensi, elaborando i dati contenuti nel rapporto ORIM del 2018 e 2019 (riferiti alla sola Regione Lombardia), ci consegnano alcune tabelle interessanti.

Innanzitutto, scopriamo che l’interesse per la cittadinanza non è uniforme a seconda delle nazionalità: se il 96,2% dei cittadini del Bangladesh è interessato, al contrario, tra i cittadini di nazionalità cinese, solo il 33,9% penserebbe a richiedere la cittadinanza. Va ricordato che la Cina non prevede la possibilità della doppia cittadinanza, quindi di fronte all’idea di sciogliere il loro “vincolo” con la madrepatria, la percentuale di chi si mostra interessato a diventare italiano crolla drasticamente.

La seconda tabella fa emergere un dato ancora più interessante: il 43,5% degli interessati a ottenere la cittadinanza italiana lo è solo in funzione della semplificazione delle pratiche amministrative. Solo il 5,3% degli interessati pone come motivazione il fatto di sentirsi italiano. Addirittura solo l’1,2% è interessato per acquisire il diritto di voto.

Quindi, ancora una volta, il dibattito politico italiano si consuma in una dimensione ben lontana dalla realtà, anche quella che vivono molti stranieri.

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