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Autonomia: caro Beppe Sala, sbagli e tradisci il Nord

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Da Sindaco di un comune lombardo sono fortemente indignato da questa lettera del Sindaco di Milano. Mi sento di dire che non rappresenta affatto lo spirito politico, economico e dinamico della Lombardia e di tutto il nord. 

Questa mattina ci siamo svegliati con la “letterina” di Beppe Sala al Corriere della Sera. A differenza di Babbo Natale non porta doni, piuttosto ci lascia un bel sacco di carbone. nel testo attacca non solo la riforma sull’autonomia differenziata, addirittura mette in discussione il regionalismo!

Il Sindaco della più importante metropoli del Nord, capitale economica del paese, scrive all’autorevole giornale, sempre di Milano, per stroncare una legge che tenta timidamente di dare qualche piccola competenza in più al Nord, ovvero l’area che da sola traina l’intero stivale. 

Basterebbero questi elementi per rischiare di farci quasi rimpiangere il caro vecchio Cecco Beppe e quei cinque giorni in cui a Milano decidemmo di ribellarci per cacciare gli austriaci e ritrovarci oggi “sudditi” di uno stato plasmato all’andazzo borbonico, con un livello di burocrazia, sprechi e inefficienza che mortifica da anni la nostra crescita. Il Governo sta cercando di rendere più moderna l’Italia, colmare decenni di ritardi, tentare di bloccare queste riforme è una colpa politica gravissima. 

Meglio però non fermarsi alla sola polemica, per questo è  utile confutare i sei punti su cui il Sindaco incardina il suo ragionamento. Procediamo.

PUNTO 1 – CRITICA ALLE REGIONI

1. La costituzione delle Regioni risale al 1970. Sono passati più di cinquant’anni. Mezzo secolo è sufficiente per trarre un bilancio della loro storia. È una storia di successo? Non ne sono per niente certo. Si tratta di istituzioni che, soprattutto, non sempre sono state in grado di affievolire i divari in termini di qualità della vita, innalzando piuttosto criticità note a tutti nei settori che riguardano economia, lavoro, trasporti, sanità, welfare. Ora si pensa a un potenziamento del decentramento. Saranno in grado le Regioni di garantire un percorso di miglioramento nell’erogazione dei servizi ai cittadini in mancanza di un prerequisito fondamentale per poterlo fare e cioè le risorse economiche? 

Le Regioni, Sala sembra dimenticarselo, sono state previste dai nostri padri costituenti, autori della “Costituzione più bella del mondo” (così come ci ricordano da sinistra un giorno sì e l’altro pure). Il fatto che siano state istituite solo nel 1970 dà la misura della difficoltà cronica che il nostro sistema centralista ha sempre dimostrato quando si tratta di “concedere” potere. Ancora Sala dimentica che la battaglia politica per istituire le regioni è stata portata avanti proprio dalla sinistra (Partito Comunista Italiano su tutti), la stessa famiglia politica di cui lui è oggi esponente di spicco.
La cosa più incredibile è però mettere in discussione la riforma del regionalismo, paventando il dubbio che si stesse meglio quando ad acquistare ogni singola siringa, coperta o aspirina era il ministero centrale di Roma. Non esiste paese economicamente sviluppato e avanzato che gestisce lo Stato senza il livello regionale. Semplicemente sarebbe una follia. Una cosa che non può esistere. Il fatto che a sostenerlo sia il Sindaco di una metropoli, pone semmai qualche dubbio sulla sua lucidità politica e amministrativa.

PUNTO 2 – NON HANNO PARLATO CON LUI, QUINDI È CONTRARIO

2. In ogni caso, c’è da chiedersi come si possa immaginare una riforma delle autonomie senza avere consultato o ascoltato la voce delle grandi città, che sono il principale traino dell’economia e della giustizia sociale del Paese. In tutto il mondo va affermandosi la centralità delle città metropolitane, per capacità di vedere il futuro e di programmarlo. Una riforma dell’autonomia e del decentramento che aumenta il divario non solo tra regione e regione, ma tra regioni e grandi città, nasce già cariata. Della riforma del Testo unico delle autonomie locali (Comuni, Città metropolitane, Province), nel frattempo, nessuno parla. 

Questo punto è davvero poca cosa, sia nel merito che nel valore politico. Innanzitutto il processo che ha portato al varo di questa legge è stato lunghissimo, le autonomie locali hanno avuto il loro spazio di consultazione. Quello poi che si dimentica è che l’autonomia differenziata è stata prevista in costituzione (peraltro voluta e scritta dal centro sinistra!), non era prevista nessuna legge per giungere alle intese. Il fatto di aver intrapreso un percorso parlamentare per una legge quadro, è prova e sostanza del fatto che si sia scelta la strada del dialogo e della condivisione. Lasciatemi poi dire che il Sindaco di Milano non ha dato prova, in questi anni, di saper interpretare il ruolo di Sindaco di una Città Metropolitana. La sua visione è stata spesso miope, milanocentrica, alimentando solo scontri continui, talvolta pretestuosi, con Regione Lombardia. Penso alla gestione dei trasporti, dove ha preteso di impugnare la mia riforma delle agenzie del TPL, uscendo sconfitto con la sentenza della Corte Costituzionale. Motivo? La pretesa di continuare a gestire da solo una agenzia che controlla i trasporti in ben quattro province (Milano, Pavia, Lodi e Monza e Brianza). Dove ha ragione, questo sì, è l’assordante silenzio sulla riforma degli enti locali. Ma una cosa, caro Beppe, non esclude l’altra.

PUNTO 3 – CI VUOLE TROPPO TEMPO CON I LEP

3. La legge sull’Autonomia differenziata è tecnicamente un processo che, per svilupparsi secondo i disegni dei suoi promotori, prenderà molto, molto tempo. Ora, per giungere ad attuazione ed evoluzione, bisogna intervenire da principio con una pianificazione di lungo periodo che sia all’altezza dell’arduo compito. Chiunque segua la politica ha imparato in questi mesi il senso della sigla Lep: sono i Livelli essenziali delle prestazioni che vengono erogate. Ovvero i requisiti minimi di servizio necessari ad assicurare in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale, in modo da garantire uguaglianza sui diritti sociali e civili, come la Costituzione sancisce. Poiché sulla misura, la forma e la mappatura dei Lep siamo ancora in alto mare, viene proposto di partire con le materie che non richiedono Lep. Non va bene. Non si parte sulla base di un «partiamo e poi si vedrà». (Per chi non ne fosse informato, il governo si è preso due anni per definire questi benedetti Lep. A partire da lì si procederà alla definizione — e soprattutto alla ricerca — dei fondi necessari). 

Il punto tre del ragionamento fa un po’ sorridere. In buona sostanza il Sindaco Sala ci dice che “ci vuole troppo tempo per approvare i Lep”, quindi per questo sarebbe giusto bocciare l’autonomia differenziata. Quale sarebbe il senso di questo ragionamento? Perché se è vero, com’è vero, che dobbiamo attendere i Lep, bocciare la riforma non accorcerà i tempi. Semmai non potrà fare altro che allungarli. Così come non si capisce il timore di partire con le competenze, previste dal 2001 in costituzione, che non richiedono i Lep. Perché non possiamo attuare domani mattina quello che la “Costituzione più bella del mondo” prevede fin dal 2001, cioè oltre due decenni fa? Incomprensibile. 

PUNTO 4 – LE RISORSE

4. E torniamo quindi sul punto fondamentale: siamo ancora in attesa che qualcuno spieghi agli italiani quali e quante risorse economiche servono, nella cruda realtà, affinché questi ineludibili livelli essenziali siano garantiti. Dobbiamo essere onesti: non è pensabile che si tratti di una riforma a costo zero. Per i Lep che richiedono copertura e finanziamento, si possono impegnare risorse solo nei limiti permessi dai ben noti vincoli di finanza pubblica e ciò deve peraltro venire assicurato a tutte le Regioni e non solo a quelle che fanno richiesta di maggiori competenze. Senza queste coperture, le funzioni rimangono prerogativa statale, non regionale. E questa disposizione la dobbiamo a un emendamento presentato da FdI: nemmeno la maggioranza era o rimane compatta di fronte al rischio che i cittadini perdano uguaglianza nei diritti. Quindi, di quali risorse economiche parliamo? Certamente di miliardi. (Nota a margine. Mentre scrivo queste righe leggo che il governo, ragionando di Finanziaria 2025, ipotizza misure per favorire uscite in pensione anticipata, estensione della flat tax, sgravi al ceto medio, pensioni minime più elevate. E poi verranno i Lep. Hanno trovato la pianta dei soldi?). 

E qui il ragionamento viene mandato un po’ in “vacca”, come diciamo dalle mie parti. Rimettiamo le cose in ordine: l’autonomia differenziata parte del presupposto che una Regione chiede di svolgere in autonomia alcune funzioni e lo Stato riconosce le risorse economiche che vengono spese da Roma per svolgere quelle funzioni. Non si prevede di dare un solo euro in più di quello che già si spende (purtroppo). La battaglia dei Lep è una questione diciamo collaterale, a maggior garanzia per i cittadini. Non si capisce però perché la soluzione sarebbe rimanere nella situazione attuale, dove i Lep non sono comunque garantiti in alcune regioni e continuare a privare della possibilità alle altre di poter attuare l’autonomia richiesta da anni e prevista dalla Costituzione. Non vedo cittadini che ci possano guadagnare qualcosa, piuttosto cittadini a cui viene mortificata una possibilità. Proprio i cittadini di quelle aree che dovrebbe rappresentare il Sindaco della capitale morale.

PUNTO 5 – LE MATERIE


5. Torno su un tema che ho pubblicamente già affrontato. Forse non a tutti è chiara l’ampiezza delle materie che le Regioni possono chiedere di gestire in proprio. Si va dall’istruzione alla salute pubblica, dall’ambiente a competenze fiscali. E l’energia. Ora, immaginiamo venti Regioni che vanno a trattare all’estero dai fornitori di energia, per strappare un prezzo inferiore a quello che riesce a ottenere uno Stato. Pura fantasia. E voglio essere estremo nel ragionamento (non provocatorio, estremo): a mio giudizio le politiche energetiche del futuro dovranno necessariamente essere continentali più che nazionali, e qui si pensa invece di regionalizzarle! 

E qui siamo a un livello di discussione del tipo “signora mia non ci sono più le mezze stagioni”, cioè stiamo politicamente strisciando per terra. Ci sarebbe molto da dire, soprattutto per colmare le ampie lacune sulla conoscenza dell’ideologia federalista, la più complessa tra quelle che hanno animato il novecento dello scorso secolo. Non abbiamo tempo qui per farlo, ci possiamo limitare a consigliare qualche lettura utile al Sindaco. Da parte mia partirei da Pierre-Joseph Proudhon e Denis de Rougemont.

Tornando al punto banalotto sollevato dal Sindaco di una delle più importanti metropoli europee (sic!), vorremmo tranquillizzarlo ricordando che le materie non le ha decise con impeto Roberto Calderoli. Tantomeno sono state varate da questa legge quadro sull’autonomia differenziata. Si evincono invece dal dettato costituzionale, sempre della “Costituzione più bella del mondo”, così come è stata scritta dal centro sinistra nel 2001. E badate bene, il centro sinistra quando decise quelle materie si sperticò le mani in aula per votare la riforma e la elogiò, come ho già avuto modo di dire qui, definendola “un cambiamento formidabile” che “univa il paese”.  

Del resto, la legge Calderoli non potrebbe certo smentire quanto previsto dalla Costituzione. Quindi, ricapitolando: il centrosinistra nel 2001 decide 23 materie su cui le regioni possono (attenzione, possono e non sono obbligate) chiedere maggiore autonomia e le inserisce in costituzione. Dopo 23 anni si fa una legge quadro per applicare ciò che è previsto dalla costituzione ma il centrosinistra è contrario perché le materie sono troppe. Ma siamo seri? Evidentemente no. 

PUNTO 6 – IL PAESE

6. A riprova che la mia non è una posizione ideologica, bensì pratica, riconosco volentieri che nel dibattito iniziale non mi sono espresso aprioristicamente contro l’Autonomia. Ma in quel momento, le materie toccate dal ddl Calderoli non erano affatto quelle che poi si sono rivelate nella pratica. Come ha ricordato l’ex presidente dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, ora europarlamentare, «si è stati favorevoli a un allargamento del decentramento che riguardasse solo alcune delle 23 materie potenzialmente previste e con lo scopo fondamentale di sburocratizzare e dare risposte efficaci e rapide ai cittadini» (oltre al fatto che prima di procedere si riteneva indispensabile che fossero garantiti e stabiliti i Lep in tutto il territorio nazionale e che fosse assicurato il coinvolgimento del Parlamento).

E sull’ultimo punto si dimostra totale confusione, nonché forti limiti nella conoscenza della materia. Se il Sindaco era favorevole quando i governatori “chiedevano autonomia su poche materie”, dovrebbe allora attendere e avanzare la sua critica quando e se le regioni dovessero formalizzare la richiesta su un numero di materie per lui eccessivo. Ma ora stiamo discutendo una legge quadro per applicare la Costituzione, che per il sottoscritto e soprattutto eminenti costituzionalisti non era nemmeno necessaria. Quindi che senso ha cancellare questa legge? Il risultato sarebbe quello di ostacolare anche la richiesta su una singola materia. Un disastro logico e politico. Un ragionamento senza senso. 

Per concludere: da Sindaco di un comune lombardo sono fortemente indignato da questa lettera del Sindaco di Milano. Mi sento di dire che non rappresenta affatto lo spirito politico, economico e dinamico della Lombardia e di tutto il nord. Ha dato voce all’opportunismo politico di parte, in maniera gretta e sempliciotta. Ha fatto un cattivo servizio ai nostri cittadini e ha guadagnato una pessima figura. Caro Sindaco, ripensaci.

 

3 risposte a “Autonomia: caro Beppe Sala, sbagli e tradisci il Nord”

  1. il federalismo,o autonomia regionale va benissimo a tutti , solo che per una contrapposizione puramente politica ,fanno tutte queste discussioni inutili .la classe politica di sinistra siccome deve far vedere che sono loro che studiano e sanno tutto ,non si possono permettere che gente rozza e ignorante dica come a lorcome si fa a vivere ,quindi bisogna fregarsene e andare avanti a testa alta

  2. Complimenti per le tue considerazioni!
    D’altronde buon sangue non mente

    1. Grazie Pierino, dobbiamo difendere decenni di battaglie federaliste e di libertà da questo referendum

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