Aspettavamo la Le Pen, sono arrivati i corsi

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Si può anche compiere un pezzetto di strada con chiunque, essere occasionali compagni di battaglia di chi è tanto, forse persino troppo, diverso da te. Così penso sia da intendere il rapporto tra la Lega Nord e il Front National. Una battaglia condivisa perché sacrosanta in Europa, al fine di arginare quel malefico disegno ordito da un gruppo di politici e burocrati, che talvolta pare abbiano proprio in odio il futuro benessere dei popoli europei.

Oltre a questo rimaniamo però diversi, profondamente diversi. Il Front ha una chiara e marcata matrice fascista, rappresentata anche simbolicamente da quella fiamma tricolore presente nel simbolo, e chiesta in «prestito» tanti anni fa ad Almirante. La Lega nasce nel solco della grande, seppur abbastanza sfortunata, tradizione federalista del Nord; una forza nata dal basso, proprio per attuare questa particolare forma di governo che si colloca all’esatto opposto, almeno idealmente, rispetto all’esaltazione dell’autorità e della potenza dello Stato, tanto cara ai fascisti. Questa antitesi ideologica, tra federalisti e fascisti italiani, illumina chiaramente i suoi confini attorno alla figura del Prefetto. Invisa ai primi, che sognano da anni la sua cancellazione dall’ordinamento statale, quale strumento inutile di uno Stato vorace e predatore; amata invece dai nostalgici del ventennio e dalla destra sociale più in generale, quale simbolo locale di quell’autorità nazionale che si sognerebbe grande, invincibile e potente. Per terra e per mari, avrebbe detto qualcuno. Non solo la Lega si è sempre tenuta lontana, perché diversa, dal fascismo ma ha sempre rifiutato persino il nazionalismo in senso stretto, inteso come battaglia nazionalista. In questo Umberto Bossi, padre fondatore della Lega Nord, fu chiaro e lapidario. Tuonò contro l’ipotesi «nazionalista» già nel Congresso Federale del 29 marzo 1998:

Io sono contrario al nazionalismo, io sono patriota, come fu sempre la Lega, patriota NON nazionalista. Io reputo che al nazionalismo non si deve rispondere con un contronazionalismo, padano contro quello italiano; vorrebbe dire mettersi sul loro piano, con quelli che usano diciamo strumenti ributtanti, fascisti, come il Codice Rocco, vorrebbe dire mettersi su quel livello, fuori da ogni principio democratico!

Ecco allora perché, se il risultato elettorale francese di domenica scorsa ci ha fatto sorridere, grazie al successo di una forza contraria a questo tipo di Europa, è il risultato del secondo turno che ci deve dare forza e convinzione. Sorridiamo, perché i voti al Front National misurano lo stato comatoso di questa feticcia e ormai fetida unione di Stati Nazionali morenti; puzzano come corpi in cancrena, e la gente si allontana da ciò che puzza. Ma è il secondo turno che ci ha regalato l’ennesimo germoglio della nuova Europa, quella che sogniamo, fatta di popoli finalmente liberi. Mentre la Le Pen veniva sconfitta dal solito accordo «democratico» tra destra e sinistra, in Corsica trionfava il fronte regionalista-indipendentista.

Dopo l’ottimo risultato colto al primo turno (17,60%), la Lista «Femu a Corsica», guidata dal sindaco di Bastia Gilles Simeoni, ha intelligentemente stretto un accordo elettorale con Jean-Guy Talamoni di «Corsica Libera», movimento indipendentista più radicale. Questa strategia ha posto le basi per far raggiungere alla Lista Regionalista uno storico 35,34%, che ha permesso di battere destra e sinistra, conquistando la guida della Corsica. In Corsica il Front National è rimasto al palo, segnando un misero 9,09%. Ciò significa che un serio regionalismo, rivisto in chiave europea, rappresenta la vera risposta a chi chiede una nuova e diversa Europa, piuttosto che un ritorno ai defunti Stati Nazione. Altrettanto significativo in tal senso, seppur con dimensioni diverse, è il risultato di «Oui la Bretagne» di Christian Troadec, artefice di un tentativo di unione dei movimenti regionalisti bretoni. È sfuggita la soglia del 10%, che sembrava a portata di mano, avendola superata in diverse località e essendosi attestata come prima forza in alcune piccole realtà nel Finistère. È pero importante notare come anche in Bretagna, dove c’era in campo l’opzione regionalista, il Front National si è attestato terzo con il 18,17%, confermato anche al secondo turno.

Questo accade in Francia, ma credo che ciò valga ancora di più in Italia, dove nonostante la trasformazione forzosa in un sistema politico bipolare, dal 1994 in avanti, le elezioni (che piaccia o no) si vincono sempre al centro. Ed il centro, per paradossale che possa sembrare oggi, è lo spazio dove meglio può agire e svilupparsi un movimento a vocazione regionalista ed indipendentista com’è la la Lega Nord. Anche qui tocca citare Umberto Bossi, che spiegò bene la natura della Lega nel Congresso del 1997, ripercorrendo il periodo post mani pulite:

Piuttosto che correre il rischio che il consenso elettorale dell’ex pentapartito finisse in gran parte nelle mani della Lega fecero saltare il centro e con esso l’autostrada sulla quale avanzava la Lega che ,in quanto movimento politico di liberazione, non può che viaggiare al centro dovendo rivolgersi a tutti i cittadini padani indipendentemente della loro fede ideologica di destra e di sinistra

Un’autostrada, per arrivare veloci a destinazione, cioè alla libertà. In Europa si moltiplicano i segnali, di cui il più luminoso rimane la Catalogna e la Corsica è solo l’ultimo eclatante successo in ordine di tempo. La strada è quella giusta, serve percorrerla con coraggio e determinazione.