Attento Nord, Renzi ti frega! Ritorna il centralismo

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[tweetability]Uno si immagina cose, della serie che se metti in piedi un’operazione di quel tipo lì, [/tweetability]audace e temeraria a tal punto da smentire tutto ciò che avevi detto fino a cinque minuti prima, che trasuda e puzza di lotta di potere stile Prima Repubblica, non solo nell’epilogo, ma addirittura fin dall’intenzione, mezza idea te la sei fatta. Ecco, insomma, uno si sarebbe immaginato che una mezza idea di che cosa fare il giorno dopo, caro Matteo Renzi, tu ce l’avessi. E invece tocca constatare che no, non è mica così; ora non è che si pretendesse, non fraintendetemi, che avesse già bella che pronta la lista dei 18 ministri, conosciamo un po’ la politica e sappiamo che il toto ministri è utile perché propedeutico all’applicazione dei complicati algoritmi del manuale Cencelli. Non la lista bella che fatta quindi, ma almeno un paio di caselline, almeno quella dell’Economia, vagamente determinanti per uno che, ancora ieri, dichiarava sicuro “cambieremo l’Italia anche per voi”, fosse già occupata da un uomo di fiducia scelto, avvisato e preparato con un minimo di anticipo, tipo le classiche ventiquattro ore. E invece la famosa telefonata di Barca, estorta da un finto Nichi Vendola alla Zanzara su Radio 24, ci ha dimostrato plasticamente l’enorme tasso di improvvisazione e pressapochismo con cui, Renzi stesso, si è mosso nel suo agire politico di questi ultimi, drammatici e determinanti giorni.

Non siamo alle Idi di Marzo, anche se febbraio volge al termine, ma il Renzi di oggi assomiglia tanto a quel Bruto, che si credeva un salvatore della patria, mentre sferrava le coltellate mortali a Cesare sui gradini del Teatro di Pompeo, ma che pochi giorni dopo, suo malgrado, fu costretto a fuggire in esilio per evitare il linciaggio della popolazione romana, inferocita contro quelli che si erano autoproclamati liberatori, ma che per tutti erano solo dei cospiratori.

Purtroppo Renzi non sarà cacciato in esilio, perché sullo scranno più alto non siede Marco Antonio, ma Giorgio Napolitano, uno a cui, parrebbe, che negli ultimi anni piace parecchio cimentarsi nel gioco del fare e disfare Governi e Primi Ministri a piacimento. Tutto questo, magari, evitando di sondare il parere del popolo, perché ricordo che: “andare a votare? Non diciamo sciocchezze”.

Ecco allora il rischio, oggi drammaticamente attuale: [tweetability]Roma ci fregherà, ancora una volta. [/tweetability]Il nord è vittima di un’appannamento e uno sbandamento generalizzato, conseguenza diretta di un giustificato sdegno verso la politica tutta, che però, ancora una volta, Roma ha saputo cavalcare ed utilizzare con un’abilità fuori dal comune. Ci sentiamo tutti vittime e nello stesso tempo colpevoli, dimenticando che se lo Stato italiano è sull’orlo del fallimento non sarà per il rimborso di qualche pranzo, qualche cena, un DVD o un buono benzina (pratica comunque deplorevole e da condannare, beninteso), ma piuttosto perché c’è un’amministrazione centrale dello Stato che continua a sprecare soldi senza ritegno, perché ancora si rifiuta di applicare i costi standard, e perché, prima ancora che i grillini lo proponessero, c’è un pezzo di Italia che si era già dotato del suo reddito di cittadinanza, che si chiama assistenzialismo.

[tweetability]Insomma, il nemico di Roma, oggi più che mai, si chiama autonomismo.[/tweetability] E Renzi non sarà nient’altro che l’esecutore designato di questa operazione omicida; ecco il suo programma votato ad un pieno ritorno al centralismo, passando per l’abolizione delle Province, l’unione forzata dei Comuni e arrivando alla riforma del titolo V, che mira a castrare le competenze delle Regioni. Viviamo il punto più basso, dopo 30 anni di rivendicazione, del rapporto di forza tra stato centrale ed enti locali.

Dobbiamo assolutamente svegliarci, uscire da questo torpore, renderci conto che non abbiamo nessuna colpa e che la questione settentrionale, ben lungi dall’essere risolta, è l’unico vero grande problema posto tra noi e il nostro benessere, tra noi e una ritrovata competitività, tra noi e il raggiungimento dell’efficienza sperata.