Cittadinanza, ecco l’ultima baggianata pro-immigrati: “Non serve parlare italiano, anche i muti non lo parlano”

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20150301_91913_indianaA raccontarla così, lo so, potrebbe sembrare una barzelletta, ma purtroppo è tutto tragicamente vero. L’unica cosa che assomiglia sempre di più ad una barzelletta è lo stato italiano. Non sarà poi nemmeno tanto un caso che i comici (Renzi e Grillo) spadroneggino.
Qualche giorno fa è scoppiata una furente polemica perché il sindaco di Cairate, Paolo Mazzucchelli della Lega Nord, avrebbe negato la cittadinanza ad una signora indiana, Rani Puspha. In realtà il sindaco non ha negato nessuna cittadinanza, si è semplicemente limitato a constatare che la signora indiana, chiamata come vuole la legge a prestare giuramento e fedeltà alla Costituzione, non era in grado nemmeno di leggere la formula di rito, non conoscendo evidentemente la lingua. Il Sindaco si è posto una domanda abbastanza elementare: come fa una persona a giurare sulla costituzione, se non riesce nemmeno a leggere, non tanto la costituzione stessa, ma neanche una breve formula? Ecco spiegato il comprensibile rifiuto e l’invito a ripassare più tardi, quando fosse stata in grado di farlo. In un mondo normale la cosa non farebbe nemmeno notizia.
Anzi, i più lungimiranti tra di voi si staranno interrogando, giustamente, sul perché una donna che vive qui da 15 anni, ha quattro figli ed è sposata con un cittadino già diventato italiano, non sappia leggere due righe due di giuramento? Minimo ci sarebbe da mettere in dubbio il processo e la capacità di integrazione. Naturalmente questo non interessa i numerosi benpensanti italioti. E quindi? Apriti cielo. Un sindaco della Lega, una cittadinanza negata, uno straniero; tre elementi che insieme determinano una miscela esplosiva, che naturalmente è subito detonata scatenando le solite e prevedibili reazioni del fronte “anti razzismo”.

Tra le tante reazioni ne ho scovata una che darebbe accesso diretto al palco del mitico Zelig. Si tratta dell’illuminato pensiero di un blogger pachistano, che di nome fa Reas Syed, e che viene ospitato nientemeno che sul sito web del Corriere della Sera (certo che se uno come Severgnini ne è diventata firma autorevole e di punta, potete capire che il benchmark non è dei più elevati).

Già il titolo del post è eloquente: “Perché il sindaco di Cairate è stato “ignorante”. Accipicchia Reas, parti forte! Poi nel pezzo il blogger si avventura in una spericolata argomentazione sul perché Paolo Mazzucchelli sarebbe stato ignorante, nella sua azione da sindaco; e lo fa sostenendo che la conoscenza della lingua italiana non sarebbe necessaria, cioè che parlare italiano non è necessario per rivendicare la citadinanza. E poi il pensiero forte del nostro Reas si manifesta in tutta la sua potenza: infatti il suo “spiegone” sulla presunta inutilità del parlare italiano culmina con una perla. Io gradirei fosse lasciata ai posteri, scolpita nella pietra, come i dieci comandamenti che Dio dettò a Mosè sul Sinai. Eccola:

Se così fosse, [se fosse necessario parlare italiano] nessun muto potrebbe diventare italiano e, diciamocelo, anche qualche leghista perderebbe di sicuro la cittadinanza

Che spessore. Ma io dico, passi insultare i leghisti, che è ormai diventato da anni l’allegro passatempo che volentieri concediamo all’ignorante di turno, ma perché adesso prendersela con i muti? Ma soprattutto, per quale motivo, a noi evidentemente sconosciuto, il signor Reas Syed si è convinto che i muti non sappiano la lingua italiana? Syed, ti diamo una notiziona bomba: sono solo muti, non ignoranti, stupidi o privi di attività celebrale. Cioè hanno solo il problema di non riuscire a proferire parola, che è una cosa assai grave; per esempio quando leggono qualche stupidaggine sui giornali o sul web e non possono avere il piacere (e la soddisfazione) di dare magari del “pirla” in viva voce a chi l’ha scritto. Ma sono sicuro che troverebbero, nel caso dovesse accadere, più di uno disposto ad aiutarli in tal senso.

In fin dei conti vorremmo spiegare al signor Reas Syed, che in stati civili come quelli europei, le persone che scontano qualche disabilità non vengono nascoste, rinchiuse, relegate in stanzini, picchiate o trattate come bestie. Magari in altre parti del mondo funziona così, da noi no. Per fortuna.

D’altro canto, cosa ci saremmo potuti aspettare da uno che nel suo profilo di presentazione al Blog esordisce così:

Nato in Pakistan, etimologicamente “il Paese dei puri”, e cresciuto a Milano, empiricamente la città degli “impuri”

Syed ti chiediamo perdono se sei finito in una città di “impuri”, decisione peraltro non irreversibile, tra gente che addirittura insegna la lingua a persone che sono prive della parola. Noi d’altro canto siamo fieramente “impuri”, da questo punto di vista. Sappilo.

La vicenda però si chiude con un ulteriore elemento che desta qualche preoccupazione. Infatti il “puro” Reas Syed ci insegna che il giuramento richiesto dalla legge italiana è solo e soltanto una pura formalità. Infatti dice più avanti:

Quello su cui si è fissato il primo cittadino di Cairate è un mero passaggio formale

Punto di vista che pare sia stato sposato anche dalla locale Prefettura di Varese, e che ha già scatenato le ire del sindaco di Uboldo, il quale ha dichiarato che da ora in avanti si rifiuterà di partecipare alle cerimonie di giuramento. E come dargli torto? Tanto sono “un mero passaggio formale”.
L’idea che il giuramento, cioè non una dichiarazione o un’autocertificazione ma un atto solenne, venga relegato come fosse un passaggio inutile e superfluo. Questo un po’ inquieta. E mi domando come il “puro” Reas Syed, lui tanto legato all’etimologia, non abbia considerato come nella parola “giuramento” sia presente il suffisso “mèntum” che sta proprio a indicare il mezzo, l’atto. Cioè significa che l’atto e il mezzo attraverso cui si manifesta la “jus”, che è il vincolo, il legame, l’obbligazione, in questo fa sostanza e non solo forma. Quindi, altro che formalità.
Diventare cittadini dello stato italiano significa sposarne i principi fondanti, raccolti e riconosciuti nella Costituzione Italiana. Se tutto questo viene ricondotto ad una mera formalità, se si considera il giuramento un orpello inutile, tanto inutile che può prestarlo anche chi nulla sa e capisce del contenuto della promessa, tanto vale non prevederlo. Ma noi siamo naturalmente gente ignorante, che non possiamo far altro che attendere le illuminanti parole del nostro Reas Syed, che saprà indicarci la via giusta. Rob de mat!