Contro La Russa e Fontana i soliti “fascisti rossi”

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Minacce di morte, video falsi e indegni attacchi giungono da chi ricopre cariche istituzionali. Ecco, quando perde esce la vera anima della sinistra democratica.

fascismo rosso

Il 13 ottobre 2020 il Senato della Repubblica ha eletto, anche con alcuni voti delle minoranze, Ignazio La Russa a Presidente del Senato, seconda carica dello Stato. Il giorno seguente, è stato l’onorevole Lorenzo Fontana a salire sullo scranno più alto di Montecitorio, Presidente della Camera dei Deputati, terza carica dello Stato. Dovrebbero essere  vissuti come due momenti importanti, belli, partecipati. Il normale sviluppo di una Repubblica Parlamentare e democratica, che porta nei palazzi i risultati delle urne. Vince la sinistra e vota la Boldrini Presidente, vince la destra e sceglie Fontana. La chiamano alternanza. E invece no. Per una parte, seppur minoritaria tra i cittadini, purtroppo ancora molto influente sui media e tra gli intellettuali, queste due elezioni sarebbero inaccettabili. Siamo stati costretti a subire reazioni rancorose, che hanno scatenato la parte peggiore del Paese: un vero e proprio pus, con invettive in alcuni casi al limite del sudiciume, altre da codice penale.

MINACCE A IGNAZIO LA RUSSA

Sono senza dubbio da codice penale le scritte comparse contro Ignazio La Russa: minacce di morte con tanto di stella a cinque punte. Quella delle Brigate Rosse, i famosi “compagni che sbagliano”. E che continuano evidentemente a sbagliare. Ed è davvero brutto che in tanti, sicuramente troppi, tendano a minimizzare, provando ad archiviare il tutto con un “ma cosa vuoi che sia”, “sono solo scritte sui muri”. Mica roba seria. Il problema è che, in questi casi, quando poi arriva la roba seria non puoi più rimediare. Bisognerebbe reagire alle minacce. Subito. E per fortuna c’è chi, vittima di una stagione dell’odio che per alcuni non è mai finita, lancia oggi l’allarme: si tratta della vedova di Massimo D’Antona, la moglie Olga, che  fu vittima proprio di questo atteggiamento. Queste le sue parole oggi in una intervista a Il Messaggero:

“La lotta al terrorismo politico in Italia ha fatto passi in avanti. Ma non possiamo permetterci di sottovalutare alcuna minaccia: mio marito ha perso la vita a causa di una sottovalutazione”


Minimizzavano le minacce, pensavano non fosse roba seria o “grossa”. Fino a quando non abbiamo trovato il cadavere sul marciapiede. Ecco, la roba era seria. 

SUDICIUME CONTRO LORENZO FONTANA

Sorte simile è toccata al neo Presidente della Camera Lorenzo Fontana. Qui la gogna mediatica si è scatenata con forza e pure con buona dose di fantasia e talento nel montaggio cinematografico. Si sono messi a tagliare spezzoni di un comizio di Lorenzo Fontana, per far intendere che avrebbe definito “animali” i bambini non europei. Naturalmente, come ha velocemente certificato Open in un pezzo di fact-checking, Lorenzo Fontana non ha mai detto una roba del genere. Hanno montato due frasi che non c’entravano nulla una con l’altra. 

Una vera porcata. Peccato che a veicolare tale falsa accusa non è stato un ragazzetto qualunque dei centri sociali, magari in un momento in cui era particolarmente su di giri, ma addirittura Laura Boldrini. Cioè un ex Presidente della Camera dei Deputati, ovviamente di sinistra. Per carità, poi sono arrivate le scuse. Solo poi. Dopo. Quando ormai la gogna mediatica era partita. Solo dopo aver aizzato la parte più impresentabile del paese, che stavolta sta tutta nella sinistra.
E come commentare le parole della giornalista Elisabetta Ambrosi, che sulle sue pagine social si scaglia pure contro la moglie di Lorenzo Fontana:

“Disprezzo anche la moglie. Chi si accoppia a tali personaggi è connivente. Poi forse, magari, è povera, non può separarsi”


Sono parole terribili, spaventose se pensiamo che vengono firmate da chi di mestiere fa proprio quello: usare le parole. Dovrebbe essere più avvezza a maneggiarle, quindi le cose messe lì nero su bianco sono ancora più spaventose. In questo caso non è arrivata una retromarcia: la Ambrosi cancella il post, poi minaccia di querelare tutti quelli che “mi hanno insultato in merito al post su Fontana”. Cose davvero incredibili.

IL GOVERNATORE DE LUCA SENZA FRENI E RITEGNO

Non da meno il Governatore De Luca della Campania. In questa intervista, intrisa di livore,  prima si esibisce in un giudizio estetico nei confronti di La Russa: “spero non andrà in giro con la panza di fuori”. Una roba che ci riporta ai livelli del bullismo alle scuole medie. Poi definisce addirittura “pericoloso” il Presidente Fontana. “Pericoloso”, alla terza carica dello Stato. E per aumentare il suo disprezzo, nemmeno si degna di nominarlo. Lo chiama “quell’altro”. Poi chiude in bellezza, con un insulto, dando del “troglodita.” Mancava un rutto e un peto, poi l’intervista sarebbe stata completa.

E’ evidente che qui siamo ben oltre, e di tanto, alla legittima e normale critica politica. Siamo all’insulto. Alla violenza verbale. Allo schifo assoluto.

Quello che è più grave è che non sono generici insulti che rimbalzano sui social, con qualche anonimo leone da tastiera frustrato.  Questi qui sono uomini e donne delle istituzioni repubblicane che aizzano l’odio, alimentano la gogna mediatica, insultano e fomentano la pancia peggiore della loro parte politica. E tutto questo perché? Perché sono così incazzati? Semplicemente perché hanno perso le elezioni e non sopportano l’idea che l’avversario politico occupi quei ruoli che gli spettano, in nome dei consolidati principi democratici, sanciti dalla Costituzione Italiana. Principi che evidentemente accettano solo quando a vincere sono loro. 

E veniamo al dunque. Agitano da mesi il rischio fascista e poi sono i primi a reagire con il classico e lugubre squadrismo politico, quello che pensavamo fosse stato consegnato definitivamente alla storia. Considerano gli avversari eredi del fascismo, senza accorgersi che questi comportamenti rischiano di far apparire loro come eredi di quel “fascismo rosso” che già nel 1934 lo scrittore russo Volin ebbe a riconoscere come non molto diverso da quello nero.

A questo punto è il momento di chiedere rispetto per le istituzioni, rispetto per l’avversario politico, rispetto per i principi democratici che devono stare alla base di una comunità politica e di una società che ambisce a definirsi civile. Ci riusciranno? Per il momento no.