Lettera aperta alla Boldrini: difendici da Gramellini

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La firma illustre di Corriere e RaiTV ha scritto una fake news denigrando la nostra laboriosa Brianza. La Boldrini avrà il coraggio di intervenire contro le bufale degli amici radical chic?gramellini

Su FaceBook hanno costituito addirittura il «Gruppo BUC – Buongiorno un cazzo – resistenza culturale al gramellinismo». Sono riusciti a forgiare persino un neologismo, utile a definire il romanzesco concetto di verità di questo strapagato e osannato giornalista: sono le «Gramverità».

Non ci sarebbe nulla di male nella fantasia, nella misura e nel limite di non spacciarla per verità. Invece il gran ciambellano della corte di Fazio (quello strapagato con i soldi del Canone Rai), ci ammorba quotidianamente con le sue lezioni di moralità da quattro soldi, condite con terminologia vezzosa e curata, ma in fondo rimangono perlopiù delle grandissime puttanate.

L’ultima, si da il caso, ha colpito proprio la nostra amata Brianza. Come avevo già anticipato qualche giorno fa su queste pagine, Gramellini ha sparato sulla prima pagina del Corsera una storiella inventata di sana pianta. In poche righe, scritte evidentemente in fretta e furia (e si che ti pagano bene!), ha raccontato all’Italia intera che i fannulloni della Provincia di Monza fermano i successi di una neonata start up. Per quale motivo? Per l’assurda ragione di dover attendere la nuova carta intestata, quella con il nuovo logo della Provincia. E giù con il codazzo moraleggiante in stile Gramellini (ah! Se ci fosse lui a governare e amministrare in ogni dove), con saccente ironia bacchetta ogni cosa per metterla al proprio posto. Che fenomeno!

In realtà la storia è totalmente inventata, semplice frutto amaro della fantasia di questo Fabio Volo un po’ imbolsito.

Quello che stupisce non è solo la sfrontatezza con cui, una firma del Corriere della Sera (mica Topolino, con tutto il rispetto), si permette di additare gratuitamente un’istituzione intera al pubblico ludibrio; a far inorridire è la semplicità con cui anche un bambino di 5a elementare avrebbe intuito come la notizia fosse una patacca.

Quale persona, nemmeno particolarmente brillante dal punto di vista intellettuale, avrebbe bevuto la storiella che una licenza non viene rilasciata per via di un logo non aggiornato su una carta intestata? Da quando un logo fa sostanza?

E poi, non serviva certo un giornalista d’inchiesta per scoprire che non esiste nessuno nuovo logo della Provincia di Monza e Brianza. Bastavano venti secondi di Google, e anche uno come Gramellini avrebbe scoperto che il «nuovo» logo è stato adottato nel 2012. Di nuovo ha davvero poco.

Intendiamoci, non voglio arrivare a dire che avrebbe potuto alzare mezza cornetta del telefono, giusto per tentare un minimo di riscontro, magari giusto prima di scrivere una boiata sul corrierone nazionale. Dico che se proprio uno del calibro di Gramellini non poteva sporcarsi e perdere tempo nella verifica delle fonti (che sarebbe la base della deontologia di un giornalista), avrebbe potuto delegare questo «umile» compito ai tanti e bravi giornalisti che battono i marciapiedi della Brianza, alcuni pure in forza al Corriere. Avrebbe evitato la figuraccia.

La figuraccia sua, ma soprattutto il fango gratuito a noi. Quindi domandiamoci: perché non l’ha fatto? Possiamo forse pensare che Massimo Gramellini sia davvero un pessimo giornalista? Oppure che sia così stupido e ingenuo da bersi una puttanata sesquipedale come la falsa notizia del nuovo logo della provincia?

Naturalmente no. Il fatto è che Massimo Gramellini, forse per portare a casa quattrini, deve scrivere notizie che vendono. E quali notizie «vendono» di più? Naturalmente quelle in cui si racconta l’inverosimile, il paradosso. È sempre l’uomo che morde il cane a fare notizia, lo sanno tutti. Ma come si fa a scrivere ogni giorno di uomini che azzannano quadrupedi? Il problema è che non succede così spesso. Semplice, si inventa la notizia.

È la logica che sta dietro alle famigerate «Fake News», le false notizie che spopolano sul web, quelle utili a generare migliaia di click, proprio da utenti attirati dalla stravaganza e assurdità dei titoli.

Questo sistema, buono per i dozzinali siti web che le rilanciano, evidentemente ha contagiato anche i salotti buoni del giornalismo, avvelenando anche le redazioni più pettinate ed osannate dell’informazione nostrana. Ma una fake news tale rimane, da qualsiasi parte si decida di pubblicarla. Anzi, mi permetto di sottolineare, se compare su una testata considerata (a torto o a ragione) autorevole, il problema diventa ancora più grande, perché il lettore è più propenso a pensare che sia vera. È scritta sul Corriere, quindi qualcuno l’avrà verificata. Certo, come no!

E se per caso ci fosse il dubbio, plausibile, che il guru Massimo sia solo inciampato su una buccia di banana, magari in una stanca notte di venerdì in cui doveva consegnare il pezzo all’ultimo, sappiate che il soggetto è invece un habitué delle panzane. Elenco solo le ultime due, giusto per dare l’idea.

Lo scorso 23 giugno scrisse il peana contro i genitori che, non vaccinando due figli contro il morbillo, avevano causato la morte del terzo fratellino. Notizia falsa. Proprio il 23 giugno, dallo stesso Ospedale di Monza, arrivava la smentita del presunto contagio ad opera dei fratellini. Ma tu guarda, nessuna verifica nemmeno qui.

gramellini

Ancora più gustosa la favoletta della «Cameriera scomparsa», del 15 luglio scorso. Tranquilli, «Chi l’ha visto» e la Sciarelli non c’entrano nulla. Gramellini, leggendo e prendendo per buona una notizia del Carlino, si è esibito in una prestazione maiuscola, in perfetto stile radical chic in versione «eh, signora mia, non ci sono più le mezze stagioni!». In sintesi, il concetto era più o meno questo: la crisi e la disoccupazione? Non esistono.

Un albergatore vuole assumere una commessa, e per farlo, scrive Gramellini, «le prova tutte». Ma l’Italia è piena di bamboccioni, pochi rispondono e quei pochi non vogliono lavorare nel fine settimana, oppure vogliono essere liberi a luglio, per le proprie vacanze. Vergogna, tuona Gramellini. Dove sarebbe la crisi? E giù con la furia moralizzatrice. Notizia vera? Naturalmente no. Un falso, come la più classica delle fake news acchiappa click.

Ci pensa infatti Alessandro Gilioli su l’Espresso a smascherare il compagno di merende; il collega ci riesce grazie ad una «mastodontica» e «pericolosa» inchiesta giornalistica: una semplice telefonata all’albergatore. Ohibò! Si scopre che questo non ha nemmeno pubblicato un annuncio di lavoro, manco sul Corriere dei Piccoli, nemmeno su qualche sito gratuito di annunci. Nulla. Però, diceva Gramellini, «le ha provate tutte». Certo, come no. Il proprietario si è limitato a scrivere un messaggio sulla sua bacheca Facebook, popolata da una ristretta cerchia di amici. Anche qui, Gramellini aveva paura di slogarsi il gomito alzando la cornetta del telefono? Perché, si è scoperto anche questo, non lo ha fatto nemmeno in questo caso. Ma no, semplicemente a lui interessava solo pubblicare la fake news, attirare i lettori così da incassare il lauto stipendio grazie alle sue pulciose venti righe. La deontologia? Ma va, evidentemente roba vecchia, superata. Ora va di moda il giornalismo creativo, e pare sia pure pagato bene.

gramellini

Però io non ci sto mica, non voglio arrendermi così a questa ondata di cialtroneria, seppur molto pettinata. Che fare, ho pensato? Visto che si tratta di fake news, perché non interpellare la Regina nella lotta alle Fake News? Ho preso carta e penna virtuali (oggi si inviano le PEC) e ho scritto alla Boldrini. Proprio il Presidente della Camera, molto sensibile al tema, che è arrivata a dichiarare:

Basta bufale. Chi le crea vuole alterare l’assetto democratico

Le bufale come strumento per sovvertire il potere costituito. Mi sembrava la persona giusta a cui indirizzare la mia denuncia.

Poche righe, per un sincero ed accorato appello. Ecco qua:

Illustrissimo Presidente,

conoscendo la sua tenace battaglia intrapresa contro il fenomeno delle «fake news», volevo segnalarle un caso increscioso che ha colpito l’istituto Provincia di Monza e Brianza. Il signor Massimo Gramellini, nota firma del Corriere della Sera e della televisione pubblica di Stato Rai TV, nell’edizione di Sabato 8 Luglio del Corriere, ha raccontato una inverosimile storia di mala gestione pubblica. Si denunciava come la burocrazia provinciale stesse bloccando da tempo l’entusiasmante iniziativa di una giovane start up. La presunta causa? Secondo l’autore, andava ricercata nella mancanza della carta intestata, rifatta in occasione dell’adozione del nuovo logo provinciale. Da qui il titolo sferzante: «Presi per il logo». La notizia appariva totalmente priva di fondamento già da una prima semplice verifica. La Provincia di Monza non ha adottato nessun «nuovo» logo, l’attuale è stato approvato nel lontano 2012, notizia verificabile con una semplice ricerca su qualsiasi motore di ricerca. Dopo una mia interrogazione scritta, in qualità di Consigliere Provinciale, ho poi scoperto che non esiste nessuna lentezza nell’evasione delle licenze del settore trasporti, come invece denunciato falsamente da Gramellini (il quale ha raccontato di altre sei aziende ferme al palo per la stessa ragione). Può facilmente, per verifica, interpellare la Provincia di Monza e Brianza, le potrà produrre l’elenco delle licenze e tempistiche di evasione della pratiche. Il tempo medio di rilascio è di 20,6 giorni (performance niente male) e in un singolo ed unico caso, per ragioni non dipendenti dall’ente, l’attesa è stata di 75 giorni. Ci sono però numerosi casi di licenze rilasciate in cinque, tre, due e addirittura in un solo giorno. Dove sarebbero queste sette aziende narrate da Gramellini?

Ci sarebbe da scrivere una good news semmai, invece Gramellini, confezionando una fake news, ha gettato fango gratuito addosso alla nostra istituzione, colpendoci proprio su uno dei tratti distintivi della nostra terra: la laboriosità.

A quanto pare Massimo Gramellini non è nuovo a questo tipo di tecnica, ovvero enfatizzare o addirittura inventare pezzi di notizie: recentemente ha raccontato di un bimbo morto a Monza, colpito da morbillo, infettato da due fratellini non vaccinati. Notizia risultata falsa, visto che si era già appurato che la mancata vaccinazione dei fratelli non fosse la causa del contagio. Oppure il racconto di un albergatore che ricercava, «provandole tutte», una cameriera, ma senza successo. Si scopriva però che l’albergatore non aveva nemmeno pubblicato un annuncio per cercare candidati.
Capisco che questo caso non abbia colpito un suo stretto familiare, come la fake news contro la sua povera sorella da lei giustamente denunciata, ma si tratta comunque di una notizia falsa che ha portato danno ad una comunità di oltre 850.000 individui. Capisco anche che non sia stata pubblicata su qualche anonimo sito web, di quelli che fanno il verso all’informazione. Era però in prima pagina di uno dei più autorevoli e venduti quotidiani italiani. Fatto questo, mi permetta, che produce effetti ancora più gravi.

Per questo mi attendo un suo solerte intervento, nella misura e nelle forme che già altre volte ha dimostrato. Sono convinto che la notorietà del personaggio e il blasone della testata non le incuteranno timore.

Distinti saluti

Una risposta a “Lettera aperta alla Boldrini: difendici da Gramellini”

  1. Beh, cosa ci si può aspettare da un altezzoso pennivendolo portatore sano della “vera” Verità? Lui é un esponente certificato della parte sana e intellettualoide del politically correct radical chic di sinistra! Quasi sadico il riferimento “Illustrissimo Presidente” al maschile. Alè, mica siamo tutti dei venduti!!!