IL PNRR PARTE MALE: NORD ESCLUSO

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Il 93% delle domande respinte dal primo bando riguardano comuni del Nord. E’ necessario cambiare immediatamente i parametri. Non può essere esclusa dal PNRR la parte più dinamica, efficiente e produttiva del Pese

rigenerazione urbana

In questi mesi ci hanno propinato il PNRR (Piano Nazionale di Rinascita e Resilienza) come fosse il pane quotidiano. Un enorme piano, pensato e varato dall’Europa per uscire dalla crisi economica prodotta dalla pandemia Covid. L’enfasi, le aspettative e l’interesse quotidiano, quasi morboso, posto sul PNRR sono giustificate, perché si tratta di un oceano di risorse che inonderà anche l’Italia. Parliamo di centinaia di miliardi di euro che pioveranno nelle casse statali. Soldi a debito, che peseranno sulle spalle delle generazioni future. 

Il piano è naturalmente molto articolato. In una delle sue parti prevede copiose risorse che saranno indirizzate per investimenti sui territori, transitando dalle casse degli oltre ottomila comuni italiani. 

Tutto molto bello e stimolante. La partenza però non è stata delle migliori, scatenando giuste polemiche e recriminazioni. Una delle prime misure varate, infatti, è stata quella per finanziare un bando sulla rigenerazione urbana, destinato ai soli comuni italiani con più di 15.000 abitanti. Le graduatorie (guardate con i vostri occhi) sono però impietose: i comuni beneficiari sono quasi esclusivamente del Sud. Addirittura il 93% del totale di quelli esclusi sono comuni del Nord. Un risultato inaccettabile, che ha provocato le dure reazioni di Anci Veneto e Anci Piemonte.

E’ giusto ricordare che il PNRR prevede già una quota di salvaguardia per il Sud, per eliminare gli squilibri territoriali: così recitano le premesse del Piano:

Il 40 per cento circa delle risorse territorializzabili del Piano sono destinate al Mezzogiorno, a testimonianza dell’attenzione al tema del riequilibrio territoriale.

Antonio Decaro – Presidente Nazionale A.N.C.I.
I risultati dei parametri del bando, però, hanno fatto sì che anche il restante 60% sia stato destinato al Sud. Molti si interrogano: può essere totalmente escluso un pezzo di Italia da una occasione storica come questa? No, sarebbe un vero e proprio tradimento.

ESCLUSA LA PARTE PIÙ  PRODUTTIVA, QUELLA CHE MEGLIO UTILIZZA LE RISORSE

Ma il problema è anche più grave e preoccupante. Partendo dai concetti elementari di economia, sappiamo bene che il debito si divide in due brutali categorie: buono e cattivo. Il debito buono è quello che finanzia investimenti che generano crescita, utile poi ad aumentare la ricchezza e ripagare il debito. Il debito cattivo si traduce in sprechi, inefficienza, spesa non produttiva, corruzione, assistenzialismo e tutto il corollario che ben conosciamo. In una sola parola: soldi buttati. Senza la necessità di scomodare qualche Nobel all’economia, possiamo intuire facilmente che se il debito cattivo batte quello buono, le future generazioni saranno in ginocchio perchè non riusciranno a ripagarlo quell’enorme debito.

Le regioni e i comuni del nord, negli ultimi anni, hanno dimostrato di essere quelle ad aver registrato le migliori performance rispetto alla capacità di saper spendere presto e bene i finanziamenti europei. Indirizzare tutte le risorse del PNRR in aree ad alto rischio di sprechi, non è solo una questione dì ingiustizia, è anche una scelta rischiosa e dannosa per le casse dello stato. 

UNA PARTE SPENDE E UNA PARTE PAGA I DEBITI

Così come sappiamo bene che il bilancio dello Stato Italiano poggia le sue gambe sulle quattro regioni che sono il motore dell’Italia: Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Piemonte. Come sarebbe possibile tollerare una divisione netta e impietosa: da una parte cittadini che si vedranno pioggia di quattrini e dall’altra cittadini ugualmente italiani che non vedranno un soldo ma dovranno pensare a ripagare quel debito. 

NO, LA SOLUZIONE NON PUÒ  ESSERE “FINANZIARE TUTTI”

Una ingiustizia così macroscopica ha trovato tutti concordi nella sua condanna senza appello. Anche il Presidente Nazionale di ANCI, Antonio Decaro, è intervenuto con decisione:

Appare paradossale – ha proseguito Decaro – che da una parte l’Italia possa disporre di risorse per investimenti straordinarie, e dall’altra parte ci siano progetti già pronti che non vengono finanziati, escludendo in particolare alcuni importanti Comuni del Nord

Piano Nazionale per la Rinascita e la Resilienza

Questa levata di scudi, da Nord a Sud, è sicuramente positiva. Quello che preoccupa è la soluzione proposta. Anci propone di finanziare tutti i progetti, anche quelli esclusi, implementando un altro miliardo di risorse.

Certo, una soluzione che sul singolo bando potrebbe accontentare tutti (sempre da vedere se il Governo quel miliardo lo metterà), ma che nasconde una fregatura dietro l’angolo. Perché non possiamo pensare che il PNRR si trasformi in un rimborso a piè di lista, oppure ad un bancomat in cui ogni comune potrà prelevare quanto desiderato. E’ evidente che altri bandi usciranno, altre graduatorie saranno stilate e non si potrà sempre soddisfare tutti. 

La soluzione è agire sui parametri, evitare che si determini a priori, come accaduto in questa occasione, l’esclusione di una intera parte di territorio. 

Ancora, sarebbe utile e necessario prevedere una quota di salvaguardia di fondi che siano destinate a quelle regioni che hanno dimostrato solidità nei conti e alte performance nella qualità della spesa. 

Non possiamo giocare tutte le centinaia di miliardi alla roulette, sperando che vada bene.C’è in gioco il futuro delle prossime generazioni, quindi dobbiamo pretendere che una quota di PNRR sia messo in cassaforte, destinato a chi ha dimostrato di saper investire presto e bene.

Nemmeno a dirlo che in Lombardia siamo in pole position, con la prova data dall’enorme Piano Lombardia, quasi 4 miliardi investiti in pochi mesi.