Il Prefetto difenda il Sindaco dalle minacce ucraine

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piazzale martiri odessa ceriano laghetto-2Se qualcuno avesse ancora qualche dubbio sul fatto che la toponomastica possa rappresentare un potente strumento di testimonianza storica, è costretto ora a ricredersi. Io ne avevo già parlato qui, in risposta alle ridicole polemiche sollevate da qualcuno.
Adesso è scoppiata una piccola guerra diplomatica, per il momento circoscritta, a seguito della decisione del Sindaco di Ceriano Laghetto Dante Cattaneo di intitolare una piazza “Martiri di Odessa”. Apriti cielo. La notizia ha fatto subito il giro del mondo, e si è mosso addirittura il Governo Ucraino, per bocca dell’Ambasciatore in Italia Yevhen Perelygin. Il diplomatico, in una lunga intervista, ha tradito un palese nervosismo e non si è trattenuto dal lanciare un messaggio inequivocabile di richiesta al Governo italiano perché intervenga e cancelli l’intitolazione.

Stiamo pensando di rivolgerci alle autorità italiane: il governo, ma anche la prefettura della provincia

All’Ambasciatore non è piaciuta l’intitolazione e soprattutto la motivazione che il Comune e la Giunta di Ceriano hanno vergato nel testo della delibera. Eccola:

Il massacro d’Odessa fu lo sterminio della popolazione ebraica della città ucraina di Odessa e delle zone circostanti nel quadro dell’Olocausto. L’episodio di maggior efferatezza avvenne tra il 22 ottobre ed il 24 ottobre 1941 quando, come rappresaglia per un attentato terroristico, un numero compreso tra 25.000 e 34.000 ebrei vennero uccisi a colpi di arma da fuoco o bruciati vivi dalle forze di occupazione rumene e tedesche. In termini più generali il massacro di Odessa può essere riferito allo sterminio di oltre 100.000 ebrei ucraini residenti nella zona compresa tra i fiumi Nistro e Bug. Al 10 aprile 1942 restarono in Odessa solamente 703 ebrei vivi. Con tale denominazione si vogliono anche ricordare i martiri del più recente massacro accaduto il 2 maggio 2014. Il 2 maggio scorso a Odessa, a seguito di violenti scontri tra autonomisti e sostenitori del governo auto-proclamatosi di Kiev, un gruppo di manifestanti filorussi disarmati si è rifugiato nel Palazzo dei Sindacati. Una folla composta da ultrà calcistici ed estremisti neo-nazisti, sostenitori del governo auto-proclamatosi, ha circondato il palazzo e l’ha incendiato con un fitto lancio di bombe molotov.Trentotto persone, intrappolate all’interno, sono rimaste uccise: arse vive, soffocate dal fumo o schiantate al suolo nel disperato tentativo di sfuggire alle fiamme lanciandosi dalla finestra (secondo testimoni oculari, i sopravvissuti alla caduta sarebbero stati linciati dagli stessi assaltanti).

Yevhen Perelygin, per un motivo che mi sfugge anche dopo attenta e ripetuta lettura, contesta il fatto che la Giunta avrebbe paragonato le due stragi, quella del 1941 e quella del 2014. In realtà questo timore non trova traccia nel testo sopra riportato, quindi o l’Ambasciatore ha letto in maniera affrettata e approssimativa il testo, oppure qualcuno qui ha la coda di paglia. E bella grossa. Il Comune di Ceriano, meritoriamente, voleva riconoscere uno spazio a memoria di una città e di una popolazione martoriata ripetutamente nella storia, anche recentissima, e chiamata a versare un tributo di sangue altissimo. L’Ambasciatore non ci sta, e arriva persino ad ipotizzare una condotta diffamatoria. Ci tiene altresì a precisare che vi sono delle indagini in corso:

Io considero che tale interpretazione fatta dal comune di Ceriano Laghetto potrebbe essere anche considerata come una diffamazione nei confronti dell’Ucraina, in quanto dalle indagini preliminari emerge il coinvolgimento di cittadini russi nella tragedia. Le indagini, comunque, non sono ancora completate. E’ terminato un processo preliminare: adesso tutti i materiali sono stati mandati alla Corte. Noi aspettiamo chiarezza su quanto avvenuto, che deve ancora arrivare con una decisione della Corte.

Siamo convinti che si lavorerà per fare piena luce sulla strage dello scorso maggio, ci fidiamo assolutamente delle parole dell’ambasciatore, ma tutte le indagini del mondo, su questo siamo abbastanza sicuri, non potranno cancellare i morti. Ci sono stati civili morti, bruciati vivi e barbaramente uccisi. Certo sarà utile capire bene i contorni della vicenda, ma i civili sono sempre innocenti, al di là della loro etnia, nazionalità o posizione politica e al di là della mano che ha armato chi gli ha uccisi. Quindi sono vittime degne di essere ricordate. Perché questo non accada più.

LO STATO ITALIANO DIFENDA LA PROPRIA SOVRANITÀ
Il punto qui è però un altro. Rimane infatti da capire come risponderà lo Stato Italiano agli ordini impartiti alle richieste di intervento dell’ambasciatore Yevhen Perelygin. Il minimo che ci si possa aspettare, se ancora viviamo in uno Stato che detiene un minimo di sovranità, è che l’Italia, per bocca del suo Prefetto rispedisca al mittente, in maniera garbata ma decisa, gli ordini le richieste di provvedimenti censori nei confronti di un proprio Sindaco. Ricordo che il primo cittadino agisce, in questi casi, nel pieno della sua autonomia amministrativa. È il Sindaco che decide a chi, a cosa o a quale evento storico intitolare una piazza; nessun Stato estero, seppur coinvolto e interessato alla denominazione, può arrogarsi il diritto di interferire nel provvedimento amministrativo.
Solo il Prefetto, una volta completata l’istruttoria, può sollevare profili di illegittimità nell’intitolazione. Ma sarebbe curioso se si trovassero dei motivi per negare l’intitolazione della Piazza ai “Martiri di Odessa”. Il fatto del 1941 è noto e storicizzato, così come quello del 2014. Il fatto che sia passato poco meno di un anno, dall’ultimo evento tragico a cui si fa riferimento, non ha mai costituito un problema. A Milano, per fare uno dei tanti esempi, il Prefetto ha autorizzato l’intitolazione “Largo 11 settembre” a soli dodici mesi dalla strage. Il Prefetto di Milano credo che rispetti le stesse leggi di quello di Monza.
A questo punto credo che il Prefetto non possa far altro che approvare l’intitolazione, in caso contrario sarebbe un chiaro segnale di supponenza rispetto ad un atteggiamento prepotente di uno Stato estero. Ne va della dignità, per quel poco che ne rimane, del’Italia.

IL CASO DI VIA YASSER ARAFAT E LE PROTESTE ISRAELIANE
Tra l’altro quello di Ceriano non è nemmeno un caso isolato, visto che già altre volte è successo che qualche ambasciatore si lamentasse dell’intitolazione di una via perchè poco gradita. Un caso emblematico in questo senso, è quello accaduto nel Comune di Marano. Il Commissario Prefettizio, chiamato a guidare il comune per sospette infiltrazioni camorristiche, aveva approvato una delibera con cui intitolava una via ai “Martiri di Nassiriya”. Anche in questo caso non erano passati dieci anni dal tragico evento. Una volta però ritornato in carica, il Sindaco Mauro Bertini del Pdci procedeva alla revoca della delibera prefettizia e alla contestuale approvazione di una nuova, in cui intitolava la medesima via a Yasser Arafat. Anche in quel caso il fatto non passò inosservato. Anche il quel caso intervenne immediatamente l’ambasciatore d’Israele a Roma, Ehud Gol, che criticò ferocemente l’intitolazione della nuova strada. Risultato? Naturalmente il Prefetto non si piegò alle richieste del diplomatico Israeliano, e ancor oggi a Marano possiamo percorrere la via “Yasser Arafat Nobel per la Pace”.

La questione è quindi tutta politica, e grave sarebbe se qualcuno tentasse di risolverla affidandosi al burocratese. Qui non si tratta di carte bollate, norme, cavilli o interpretazioni. Qui si tratta di capire se è legittimo che uno stato estero, per voce del proprio ambasciatore, possa richiedere ed ottenere un intervento del Prefetto per censurare l’attività di un nostro Sindaco, liberamente e democraticamente eletto.
Sarebbe un caso più unico che raro, una vergogna, un’onta e la testimonianza della pochezza dell’autorità italiana persino all’interno dei propri confini nazionali. Un vero smacco.
Per questo rimango convinto che non tarderà ad arrivare una presa di posizione netta, decisa e perentoria da parte del Prefetto e del governo Italiano, che rispedisca al mittente le richieste dell’ambasciatore ucraino. L’Ucraina non impone ai nostri sindaci a chi intitolare le piazze.