INTRODUZIONE IUS SOLI=LOTTA AL RAZZISMO. L’EQUAZIONE CRETINA DELLA MINISTRA KYENGE

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Spinge con decisione sull’acceleratore dello ius soli, la neo Ministra all’integrazione, forte della consapevolezza che un neo Ministro donna, nera, per metà congolese e di sinistra, è difficilmente criticabile, anzi, chi osa farlo viene bollato immediatamente con l’infamante accusa di razzismo.
Correrò questo rischio.


Cécile Kyenge, per sua stessa ammissione, è arrivata da clandestina in Italia, alla faccia di una schiera di immigrati, rispettosi, che con fatica cercano di rispettare le regole, per la verità nemmeno particolarmente rigide, che questo Paese si è cercato di dare negli ultimi decenni. D’altro canto eravamo già tristemente consci che il sistema-Italia premiasse sempre il più furbo, piuttosto che il più meritevole. Nominare Ministro all’integrazione un soggetto che è entrato in Italia in spregio alle normative, tutto sommato è coerente con il DNA di buona parte degli italiani stessi, convinti che le regole debbano essere rispettate, ma fino ad un certo punto.
Sono contrario all’introduzione dello ius soli in Italia, come ho più volte spiegato su queste pagine, soprattutto se questo viene letto come strumento volto a facilitare l’integrazione, quando al contrario dovrebbe essere il coronamento di un percorso di integrazione, sempre complesso e delicato.
Purtroppo siamo costretti ad assistere al solito dibattito “minestrone”, dove si mischiano e si trattano temi ed argomenti, assolutamente scollegati tra loro. La Kyenge avrebbe arruolato Balotelli come testimonial, secondo lei sotto pressione a causa di attacchi a sfondo razzista. Probabilmente si dev’essere confusa con un altro milanista, Boateng, perché ultimamente SuperMario è messo sotto pressione più che altro da Raffaella Fico e dalla ballerina belga Fanny. Al di là del probabile scambio di persona, mi domando cosa diavolo c’entri il razzismo con il principio dello ius soli per l’ottenimento della cittadinanza? Dove vige lo ius soli sono forse limitati i fenomeni di razzismo? Assolutamente no, e gli esempi si sprecano: pensiamo alle tristi storie e ai numerosi, deprecabili, episodi di discriminazione razziale vissuti dai neri negli Stati Uniti, patria dello ius soli. Guardiamo a Parigi, dove le Banlieue vengono incendiate da figli di immigrati, con la cittadinanza francese in tasca, così come gli attentatori della Metropolitana di Londra, Pakistani di seconda generazione, nati in Inghilterra.
Tra tanti dubbi ed incertezze, appare ormai conclamato che concedere la cittadinanza non garantisce l’integrazione, non aiuta a superare differenze culturali, e soprattutto non regala quel sentimento di appartenenza ad una comunità, che è poi il significato ultimo della cittadinanza. L’integrazione, come dicevamo, è figlia di un percorso lungo e tutt’altro che banale, talvolta addirittura difficilmente realizzabile a pieno.
Ed invece il dibattito in Italia deraglia, entrando nella solita diatriba stupida a sfondo ideologico: sei contro lo ius soli? Allora sei un razzista. Questa la logica, cretina, che si vorrebbe far passare.
Opporsi diventa quasi temerario, anche perché il merito della questione interessa a pochi. Per esempio, si sarà mai chiesta la Kyenge, nella sua foga di regalare la cittadinanza come fossero caramelle, se i cittadini stranieri in Italia vivano come priorità l’ottenimento della cittadinanza italiana? Sappiamo con certezza che pochi vogliono stabilirsi per sempre tra i confini italici; uno studio del 2008, commissionato dal Governo Italiano ci diceva che solo il 26,3% degli stranieri desidera rimanere per sempre in Italia e solo il 55% manifestava un semplice interesse nel diventare cittadino italiano.
Gli stranieri della cittadinanza italiana se ne fregano, farebbe meglio la Ministra Cècile Kyenge a mettere da parte la smania di dare il voto agli immigrati, e di concentrarsi piuttosto sui loro problemi e sulle loro esigenze, che sono ben altre. E non è questione di razzismo, piuttosto di serietà.

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