LA COSTITUZIONE NON È LA BIBBIA, STIAMO MORENDO DI IMMOBILISMO

Condividi articolo

Quirinale, 25 aprile 2006, anniversario festa della liberazione, il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi scolpisce nella storia queste parole:”La Costituzione è stata e rimane la mia bibbia civile”. Pochi mesi dopo, il 25 e 26 giugno 2006, solo un cittadino italiano su due si recò alle urne per votare il referendum sulla grande riforma costituzionale, la Devolution; il 61,32% di loro voto “NO” al cambio della carta e la “bibbia” civile non venne riformata. Il parallelismo con il testo religioso, scelto da Ciampi probabilmente per rimanere nel solco di quella retorica spinta a cui è abituato l’ambiente quirinalizio, non sembrerebbe dei più felici, seppur innegabilmente ad effetto. Accostamento infelice, proprio perché starebbe ad evocare, anche in politica, gli scontri, le guerre e le divisioni religiose scaturite proprio dalle diverse interpretazioni del Testo Sacro .

Non stupiamoci quindi nel leggere le cronache di questi giorni, con i soliti mujāhidīn della Costituzione impegnati nella guerra totale ad ogni tentativo, seppur piccolo, di modifica della “bibbia” civile. La modifica dell’art.138 in fondo è poca cosa; è vero riduce i tempi del doppio passaggio da 90 a 45, garantendo però  la possibilità di indire un referendum confermativo anche se la modifica venisse approvata dai due terzi del Parlamento. Trovare cinque Consiglieri Regionali che firmino per la richiesta del Referendum non è poi una grande cosa, o un quinto dei Parlamentari o in ultima istanza basterebbero 500.000 firme e la parola ultima, sulla “bibbia” civile passerebbe agli elettori.

La verità è che la nostra Carta ha un estremo bisogno di essere riformata, soprattutto nella sua seconda parte. La difesa oltranzista e scellerata, portata avanti da questi pasdaran della Costituzione, ha in realtà diminuito l’efficacia democratica delle nostre istituzioni e per accorgersene non serve la preparazione e la statura di un costituzionalista.

BICAMERALISMO PERFETTO

L’anacronistico bicameralismo perfetto (che la Devolution della Lega aveva abolito), difeso a oltranza per non intaccare il ruolo di Senato e Camera, ha spinto ad una continua legiferazione attraverso lo strumento della decretazione d’urgenza. Ormai il Parlamento non fa altro che ratificare Decreti del Governo, spogliato da ogni possibilità di incidere, si approvano di fatto solo provvedimenti approvati tra le quattro mura di un Consiglio dei Ministri e, ciò che è peggio, scritti e decisi dagli oscuri burocrati che popolano i vari dicasteri. Il popolo sovrano? Totalmente assente nel processo legislativo.

DIMINUZIONE DEI PARLAMENTARI

Da anni si levano voci, grida e appelli volti a smagrire il peso, forse eccessivo numericamente, dei parlamentari in Italia. La Devolution della Lega tagliava 172 Parlamentari, ma come detto, fu bocciata e ogni difesa della Carta ad oltranza agevola chi in realtà non vuole tagliare nulla.

SEMI PRESIDENZIALISMO

Le critiche più forti, da parte dei pasdaran della “bibbia” civile, alla Devolution, furono rivolte all’introduzione del Semi Presidenzialismo, che avrebbe rappresentato l’anticamera di una nuova dittatura (?!?), e comunque avrebbe dato troppo potere al Premier. Il risultato sta nelle cronache di questi ultimi anni; il Presidente della Repubblica Napolitano ha disposto come ha voluto vecchi e nuovi Governi, lavorando per portare alle dimissioni il Governo Berlusconi e spendendosi in prima persona per insediare un Governo fatto di tecnici, con a capo Mario Monti, che ha buttato in picchiata il Paese dentro il vortice di una crisi che appare senza fine. Ancora ha manovrato per portare PD e PDL al Governo insieme, sostenendo un Premier Letta che non riesce a decidere nulla e somministra aspirine ad un malato terminale. Questa è la difesa della democrazia?

Peccato siano scesi così velocemente dal tetto i dodici Parlamentari grillini, forse avrebbero dovuto meditare di più sul valore e l’obiettivo della loro difesa ad oltranza della Carta, che rischia di tradursi soltanto in una vittoria di chi non vuole cambiare nulla.