La moglie del boss serve il caffè alla Polizia Provinciale

Condividi articolo

La Provincia he dato in gestione il bar attraverso una gara, in cui però potevano partecipare solo le cooperative sociali. La Provincia gestisce, attraverso la CUC, anche le gare di 34 comuni su 55 della Brianza

boss

La notizia di oggi è di quelle esplosive: «la ‘ndrangheta nel bar della Provincia». Lo rende noto il Giorno, con un’inchiesta a firma dell’ottimo Dario Crippa. Si tratta di un esposto, recapitato alla stessa Provincia (oltreché a Prefettura e Procura), da cui però ci si è guardati bene dal renderlo pubblico.Forse meglio «stare muti»? La notizia, davvero sconcertante, è che dietro il bancone del bar che sta all’interno del palazzo della Provincia di Monza, a fare caffè e spremute, ci sarebbe niente meno che la moglie del boss Candeloro Pio da Melito Porto Salvo, della ‘Ndrina iamonte, già arrestato dopo l’inchiesta «Infinito» nel 2010, poi condannato in via definitiva a 20 anni di reclusione per associazione a delinquere di stampo mafioso. Robette da niente.

A detta della denuncia, la signora non si limiterebbe a svolgere ruoli di semplice «barista», ma il suo ruolo avrebbe tutta l’aria di essere operativo e gestionale.

QUANTE CONVERSAZIONE CARPITE? DATI E INFORMAZIONI SENSIBILI?

Il primo aspetto, se volete banale, ma non meno inquietante, è legato al fatto pratico e fisico della presenza di tale figura all’interno del Palazzo Provinciale. Perché in quel bar non arrivano avventori «normali». Passano funzionari, dirigenti, agenti della Polizia Provinciale. Proprio quegli agenti, ironia della sorte, che furono i protagonisti dell’operazione «Infinito». Tra un caffè e l’altro, un panino e un’insalata, magari ci si scambia, com’è normale che sia tra colleghi, qualche informazione sensibile. E vai a saperlo che lì, proprio dietro al bancone, ci sta la moglie del boss che hai con fatica gettato al fresco? No, non è normale.

LA PROVINCIA, ATTRAVERSO LA CUC, GESTISCE I BANDI DI QUASI 40 COMUNI

L’altro aspetto, non meno preoccupante, è legato alla nuova Centrale Unica di Committenza. La famigerata CUC, che criticai in tempi non sospetti, attraverso cui la Provincia gestisce gli appalti (quelli più sostanziosi) di 34 comuni della provincia.

Agrate Brianza, Aicurzio, Albiate, Arcore, Barlassina, Bellusco, Bernareggio, Besana in Brianza, Biassono, Briosco, Carate Brianza, Cavenago in Brianza, Cesano Maderno, Cogliate, Correzzana, Caponago, Desio, Giussano, Lentate sul Seveso, Lesmo, Limbiate, Lissone, Macherio, Misinto, Muggiò, Nova Milanese, Renate, Ronco Briantino, Seregno, Sulbiate, Triuggio, Usmate Velate, Veduggio con Colzano, Villasanta.

e in più anche quelli di Afol Monza e Brianza.

Ora scopriamo, come segnalato nell’esposto, che la Provincia ha assegnato attraverso una propria gara, di cui troviamo qui la documentazione, un servizio delicato e sensibile come quello del bar interno, ad una cooperativa che ha assunto a lavorare la moglie di un boss, e firmando una convenzione nella quale si indica come responsabile un condannato.

Il primo pensiero va alle numerosissime gare, per un giro d’affari di diversi milioni di euro, che attraverso la CUC la Provincia di Monza e Brianza sta gestendo per i comuni. Ad oggi, formalmente, non vi è nessuna notizia di eventuali «inquinamenti», ma è innegabile come questa vicenda getti un velo di sospetto, magari anche ingiustificato, ma certamente comprensibile.

STRANEZZE NEL BANDO: PER FARE IL CAFFÈ BISOGNA ESSERE UNA COOPERATIVA?

Bisognerà capire perché, per esempio, sia stato deciso che a quel bando potessero partecipare solo cooperative sociali di tipo B (di cui alla Legge 381/91). Per fare caffè e spremute bisogna essere una cooperativa? Perché non aprire anche a normali aziende esperte nel settore? È evidente, anche se tale scelta possa trovare solide motivazioni, che ciò limiti ampiamente il numero dei soggetti che potrebbero parteciparvi.

SI VALUTI LA SOSPENSIONE DELL’ATTIVITÀ

Ora è il caso di fare chiarezza, di non nascondere nulla e di agire prontamente per evitare che si continui come se niente fosse. La Brianza non è nuova ad interdittive, recentemente hanno colpito due bar di Seregno, auspichiamo che il Presidente si sia già premurato per sollecitare un provvedimento in tal senso. Non vorremmo che questa volta, visto che si tratta di un’amministrazione targata PD, si tenti di minimizzare, di fare finta di nulla, di dire che in fondo non è niente di che. Non vorremmo che gli stessi tromboni, quelli pronti a suonare al minimo sospetto, quando si tratta di amministrazioni di centro destra, si esibiscano con la sordina. La lotta alla mafia non è una bandiera. Dimsostratelo.

2 risposte a “La moglie del boss serve il caffè alla Polizia Provinciale”

  1. ma mi puoi cortesemente dire di quale reato si è macchiato la moglie del boss?
    Sai sparare titoloni, fare allusioni senza provare niente di quello che si insinua, fa parte di quella cultura (che mi disgusta) che si nutre di scoop (falsi), pettegolezzi, insinuazioni, che la maggior parte dei lettori legge, digerisce senza entrare nel merito del contenuto. La maggior parte si ferma al titolo.
    Entrando nel pratico, si ti fossi trovato tu a gestire questa situazione come ti saresti comportato?
    Avresti lasciato senza lavoro una persona con disabilità colpevole di essere moglie di un detenuto?
    E di cos’altro è colpevole? Di quale altro “reato” si è macchiato?
    Credi che la CUC sia collusa? Porta le prove al magistrato, in modo che giustizia sia fatta e non continuare ad alimentare la cultura del sospetto ai soli fini di speculazione politica.
    TI ringrazio dell’attenzione.

    1. Ciao Mario,
      non ho infatti scritto da nessuna parte che la moglie di Pio Candeloro, condannato in via definitiva a 20 anni di reclusione per associazione a delinquere di stampo mafioso nel 2010, si sia macchiata di qualche reato. Ho semplicemente fatto notare che “macchia” i caffè degli agenti della Polizia Provinciale, di dirigenti e di funzionari della Provincia. Quella stessa provincia che ha competenze sensibili su alcuni argomenti oggetti dell’inchiesta “Infinito”, per esempio le cave. A te questa non crea nessuna preoccupazione? A me, e alle forze dell’ordine che hanno inviato l’esposto, evidentemente si. Tu sei più preoccupato del benessere pisco fisico della famiglia del boss. Punti di vista. Il titolo comunque è assolutamente vero. Quindi, perché lo contesti?
      Cosa avrei fatto io? Personalmente avrei evitato di restringere la gara alle sole cooperative sociali, perché più restringi e meno concorrenza c’è. Meno concorrenza significa meno capacità di selezione. Ometti poi di sottolineare, forse te lo sei perso, che l’azienda che si è aggiudicata la gara, a quanto si scrive, ha indicato nella convenzione un responsabile condannato per associazione a delinquere. Mentre tu ti preoccuperai anche dei famigliari di questo, io mi preoccupo di un sistema di controllo che è perlomeno da verificare, non credi? Essendo lo stesso sistema che oggi gestisce, per volontà del legislatore, le gare di 2/3 dei comuni, e quindi per milioni di euro, forse è il caso di preoccuparsi. Non credi?