Leggo in questi giorni articoli un po’ surreali, per così dire, che parlano di tensioni, scompiglio e presenza massiccia di forze dell’ordine, durante la visita di Mario Borghezio a Desio, avvenuta domenica durante la consegna delle cittadinanze onorarie ai minori stranieri nati in Italia. Non mi scandalizzo, siamo abituati ai meccanismi dell’informazione, e va bene così, vorrei però chiarire il senso della nostra presenza in Piazza.
Diciamo innanzitutto che si trattava di una presenza simbolica, per niente violenta (ci mancherebbe), ma nemmeno gridata o urlata; semplicemente desideravamo esserci per far sapere che non sono tutti d’accordo ad accettare questo tipo di pagliacciate, a subire in silenzio e a tacere di fronte allo sfruttamento dei bambini, chiaramente del tutto inconsapevoli, usati come strumento per imporre di forza un concetto così pericoloso e folle, il principio dello ius soli, che praticamente nessuno in Europa adotta (basti guardare questa mappa), tantomeno quegli Stati che, come il nostro, subiscono un grave problema di immigrazione incontrollata. Volevamo con fermezza sottolineare l’inopportunità di questa manifestazione, che tra l’atro discrimina i bambini dividendoli tra chi è nato in Italia (di serie A) e chi ci è arrivato neonato (di serie B); e nel farlo non ci siamo dimenticati proprio dei bambini, a cui volevamo affettuosamente distribuire qualche caramella, perché per noi non è la cittadinanza o il colore della pelle che fa la differenza, per noi i bambini sono tutti uguali, che siano nati in Italia, in Uganda, in Brasile o in Cina. Capito cara Unicef e caro Sindaco di Desio? I bambini sono tutti uguali, e non c’entrano nulla con le battaglie politiche sui principi fondanti di uno Stato, terreno su cui dovremmo discutere noi grandi, non vi pare? (Io ho già più volte scritto di cosa penso di questi iniziativa dell’Unicef, per chi volesse ne trova traccia qui.)
Il diritto di cittadinanza è appunto un’altra cosa, su cui sarebbe necessaria una complessa discussione, e su cui noi abbiamo le idee chiare: la cittadinanza non si regala, perché è un diritto che si deve conquistare solo dopo un percorso di integrazione che è sempre lungo e complicato. Molteplici esperienze, non ultima quella più famosa delle rivolte nelle banlieue francesi, dimostrano che il luogo di nascita non influisce affatto, né tantomeno rende automatico e superfluo il tortuoso percorso di integrazione. Consegnare la cittadinanza ai minori è poi pericoloso per un secondo e determinante motivo; i minori vivono sotto la responsabilità dei loro genitori fino alla maggiore età, sarebbe quindi illogico dividere i genitori dai figli, consegnando la cittadinanza a quest’ultimi e lasciando stranieri e potenzialmente irregolari i primi. Ecco allora che la naturale conseguenza sarebbe quella di dover regolarizzare tutti i genitori e quindi, in ultima analisi, il partorire un figlio in Italia garantirebbe la permanenza regolare in italia; un figlio come un lasciapassare quindi. Un richiamo per milioni di disperati, un messaggio criminoso che spingerebbe milioni di persone a intraprendere viaggi rischiosi e mortali per raggiungere l’Italia. Tutto questo è una follia. A tutto questo non possiamo rispondere facendo spallucce.
Quindi spiace leggere parole del Sindaco Corti che si fa da scudo con i bambini, dicendo che erano: “allegri, felici e alcuni vestiti della festa”. Patetico difendersi dietro i bambini, patetico strumentalizzarli utilizzandoli come strumento di lotta politica. La prossima volta, e spero ci sia occasione, lasciamo perdere i bambini e discutiamo tra adulti.
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