Zaia non ne parla, ma i giornali gli attribuiscono un’apertura sullo ius soli. Ma i figli di minori non devono aspettare 18 anni.

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Ieri il Governatore della Regione Veneto, Luca Zaia, ha dichiarato, durante la registrazione di una puntata di «X-News» di Antenna Tre Nordest, quanto segue:

 

l’attribuzione della cittadinanza italiana ad un bambino di genitori stranieri nato nel Paese «potrebbe avvenire a otto anni, come succede in Germania». «Si tratterebbe – ha spiegato Zaia – della trasposizione al bambino del diritto già riconosciuto ai genitori, che dopo 10 anni di permanenza nel Paese possono diventare italiani”

Ho riletto più volte questo inciso, e sinceramente non ho trovato nessun tipo di apertura al diritto di cittadinanza attraverso il principio dello ius soli, semmai qui si tratta di acquisto della cittadinanza attraverso la residenza o comunque il soggiorno, così come del resto è già previsto dal nostro ordinamento. Purtroppo una stampa troppo faziosa non legge ciò che c’è scritto e non sente ciò che si dichiara, bensì quello che si vorrebbe leggere e quello che si vorrebbe sentire.

 

Sgombrato il campo da questo equivoco, acclarato che Zaia non ha aperto in nessun modo allo ius soli, aggiungerei che le soluzioni a molti problemi si trovano già nel nostro ordinamento.

 

Nel caso oggetto dell’esempio, ovvero di un bimbo figlio di stranieri residente da dieci anni in Italia, è presumibile che almeno uno dei due genitori sia anch’esso residente in Italia da dieci, o molto probabilmente anche più di dieci anni; a questo punto è il genitore che deve chiedere la cittadinanza, e una volta ottenuta questa viene trasmessa immediatamente al figlio o ai figli minori. Il principio, del tutto condivisibile, della norma, mira a legare la cittadinanza dei figli minori a quella dei genitori, a cui i figli sono legati fino alla maggiore età. Credo sia un principio elementare, che oltretutto valorizza il ruolo della famiglia, nucleo su cui si dovrebbe fondare la crescita e la prosperità di ogni società, e quindi di ogni nazione e in ultima istanza di ogni Stato.

 

Quindi quando Zaia afferma che il bambino debba aspettare il diciottesimo anno di età per la cittadinanza, in realtà non specifica che questo valga solo per i minori giunti da soli sul territorio Italiano; questi sono casi isolati, e su cui sicuramente si deve intervenire, e già lo si fa, in primis con misure di tutela e accoglienza particolare, essendo minori abbandonati. Per tutti gli altri sarebbe sbagliato equipararli alla normativa degli adulti, e quindi far attendere loro otto o dieci anni, visto che i minori acquisiscono subito la cittadinanza dai genitori, senza attendere ne dieci anni, ne otto, ne cinque, ma immediatamente.

 

La verità forse, come spesso accade in questo Paese, si riduce tutto ad uno scontro politico ed ideologico, che non tiene conto come la nostra normativa, che molti evidentemente non conosco, non è poi così vetusta ed inadeguata.

Per chi volesse approfondire la tematica e chiarire ulteriori dubbi, invito a leggere questo documento:

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